I MASCHERAI DI IERI

Alceo Muzzolini

Billerio 1912 – 2002

Cominciò a intagliare maschere da bambino, imitando il padre Pietro, e fu protagonista degli anni d’oro degli “strits”, le scenette satiriche del carnevale locale.
Le caratteristiche specifiche della sua produzione, oggi dispersa, rimangono l’espressione ghignante, da allegria “grassa”, e i grandi nasi avvitati, per renderli facilmente intercambiabili.

Guido Boezio

Zomeais 1916-1987

I suoi mascheroni leggeri ed ironici nacquero con passione nel verde intenso di una stretta valle solcata da un minuscolo torrente, lo Zimor.
Elementi peculiari delle sue realizzazioni sono stati la colorazione rosa, le grosse labbra turgide e le ciglia nere sovrastanti occhi e naso, quasi a ricordare il vino e l’allegria frizzante del carnevale.

Aldo Micco

Sammardenchia 1934-2002

Da ragazzo, con i pochi attrezzi di fortuna che allora erano possibili, cominciò anche lui come tanti, imitando altri intagliatori del paese. Le sue si possono considerare un perfetto esempio delle maschere storiche di Sammardenchia: linee grezze e decise, inesistente levigatura o finitura, uso schematico del colore e particolare impiego di complementi ricavati dal mondo animale, come peli e denti di maiale, per rendere maggiormente “pauroso” l’effetto finale.

Arrigo Toso

Zucchia 1912-2002

Appartenente ad una famiglia che ha espresso nel XX secolo molti mascherai, Arrigo iniziò a scolpire solo nel post-terremoto del 1976, al rientro in Friuli dopo una lunga emigrazione.
I suoi soggetti si orientarono verso gusti diversi dalla tradizione dei tomàts, tuttavia queste maschere prevalentemente in tiglio, talvolta ripresero la tipologia affermata di un celebre predecessore, lo zio Lodovico, attivo agli inizi del secolo.

Giovanni Nicoletti

Zomeais 1914-1989

Iniziò da giovane ad intagliare maschere, con una sensibilità ed una cura nei particolari, come testimonia il suo pezzo più noto: la maschera nera realizzata intorno al 1930.
I suoi tomàts tutti d’un pezzo danno l’impressione di essere fatti con un materiale malleabile, tirato ed allungato a piacimento, anzichè con solido legno di castagno o di tiglio.

Olvino Del Medico

Coia 1910-2004

Le sue radici affondano nella tradizione “classica” di Coia. Autore prolifico, realizzò molte tra le più significative maschere tradizionali tarcentine.
Le più note sono oggi patrimonio del gruppo folkloristico “Chino Ermacora”, che le impiega in un suggestivo balletto, facendole conoscere in tutto il mondo.

Riccardo FlorenI

Zomeais 1914-1994

“Rustiche” potrebbero essere definite le sue realizzazioni, per i materiali (anche la corteccia di betulla) e per la tecnica, fatta di interventi netti, drastici, volutamente semplici.
Drammatica ed essenziale la colorazione, ottenuta generalmente con pochi tocchi. Benchè queste maschere non siano in genere indossabili, le loro espressioni le collocano nello spirito carnevalesco delle mascherate di un tempo.

Gualtiero Della Schiava

1945-2013

Appassionato alle maschere lignee tarcentine ed alla tradizione carnevalesca de essa collegate fin dai primi anni 2000 partecipa con entusiasmo al corso di intaglio del 2007.Socio co-fondatore della associazione “Mascarars di Tarcint”, continua la realizzazione dei Tomats utilizzando per lo più il tiglio per i suoi lavori che si presentano con tratti decisi ed efficaci nell’espressione e spesso lasciati al naturale colore o semplicemente dipinti a cere.

Aniceto Revelant

Billerio 1931-2018

Nato nel 1931 , viveva a Billerio. Ha respirato lungamente l’aria di un paese “storico” dei “tomâts”.Per anni ha realizzato le maschere lignee tradizionali. Ha partecipato ad alcuni corsi di intaglio negli anni ’90, durante le prime edizioni della manifestazione tarcentina dedicata alle maschere carnevalesche. E’ stato co-fondatore della associazione “Mascarars di Tarcint”.

Remo Toso

Coia 1933-2003

Anch’egli della famiglia più nota di mascherai tarcentini del XX secolo, fu un autore originale ancor più che tradizionale.
Gli elementi caratteristici delle sue maschere fortemente espressive e moderne sono la forma spiccatamente triangolare, il tratto spigoloso, quasi grafico, ed i colori forti che volevano impaurire – ma solo per scherzo – l’osservatore.

Sergio Micco

Sammardenchia 1935-2018

L’interesse di Sergio per l’intaglio dei “tomâts” (o “burutinis” – a Sammardenchia), inizia da ragazzo quando ancora erano in molti a Sammardenchia a realizzarle per usarle durante le mascherate. I due o tre pezzi da lui allora intagliati in modo rudimentale sono andati perduti. Dopo anni di emigrazione in Svizzera, Sergio rientra in patria e riprende a intagliare qualche maschera nel tempo libero, fino al catastrofico terremoto in Friuli del 1976, quando le dona ad alcuni volontari di Verona per ringraziarli dell’aiuto da loro portato alla frazione di Sammardenchia.
Ma è solo dopo la ricostruzione che Sergio può veramente dedicarsi con passione e creatività alla scultura delle maschere lignee. Le espone per la prima volta in una mostra tenutasi a Tarcento nel 1983, in occasione dell’apertura della Biblioteca Civica ricostruita in un prefabbricato, dopo il terremoto.
L’interesse suscitato dalle sue maschere lo spinge a continuare, cercando di sostenere il loro scopo originale ovvero l’uso durante le scorribande di carnevale. Partecipa ad alcune esposizioni e “laboratori” organizzati a Tarcento, in provincia di Udine ed anche fuori Regione. E’ anche protagonista di un primo video divulgativo che illustra la pratica dell’intaglio di queste maschere caratteristiche della riviera tarcentina.
I soggetti usciti dalle sue mani sono spesso “suggeriti” dal materiale stesso, attraverso le forme dei legni trovati nel bosco e trasformati dalla fantasia e sensibilità dell’autore. La “bellezza”, la varietà dei soggetti, la originalità delle forme e la vestibilità distinguono i “tomâts” di Sergio Micco. Grazie a queste caratteristiche essi sono stati utilizzati fin dagli anni ’90 dai giovani della compagnia “el scumul” di Sammardenchia, che continuano tuttora a mantenere e riproporre lo spirito della antica tradizione carnevalesca locale.

Vico Toso

Zucchia ?-1917

Vico può essere considerato a pieno titolo il capostipite e il “padre spirituale” dei mascherai tarcentini. Poco si sa di lui, se non che aveva un ingegno multiforme e doti artistiche notevoli. Dalle sue mani uscirono le più belle maschere, alcune delle quali sono giunte fino a noi e sono conservate nei Civici Musei di Udine.